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Intro
In una fredda, romana, sera di gennaio, mi è capitato di ascoltare un brano che ero sicuro di aver già sentito. Sono andato a cercarne l’autore e con mia grande sorpresa ho scoperto che no, non lo avevo mai ascoltato. Vuoi la voce melodica, la musica di sottofondo che faceva da atmosfera, ho pensato fosse un cantante professionista del panorama americano. E invece ho scoperto Kevin Koci, ne vogliamo parlare?
Simone
Buongiorno Kevin, sei forse tra gli artisti più giovani che ho intervistato questo periodo, ma non ho potuto non contattarti viste le premesse. Raccontaci com’è nato questo tuo modo di fare musica.
Kevin Koci
Ciao Simone, mi fa piacere poter dare a questa rubrica il mio contributo! A volte mi sorprendo di come sia iniziato tutto, immagina questo scenario: avevo 12 anni e ancora non ascoltavo musica, ma più che altro mi capitava di sentirla in modo superficiale.
Nella mia minuscola percezione c’erano giusto i gruppi dell’ambiente nu-Metal che al tempo erano capitanati dai Linkin Park, e poi oltre a quel ramo ascoltavo giusto gli Iron Maiden (ride). Prendevo quello che mi capitava ma non ero propriamente cosciente di cosa ascoltassi. Comunque così è nato l’immaginario di suonare la chitarra elettrica. Un idillio tipico insomma.
Poi il Natale mi porta una chitarra classica, una Eko intorno ai 50 euro, e io non avevo idea da dove dovessi iniziare a imparare, quali fossero le basi o qualsiasi altra cosa, così ho lasciato il flauto (ride ancora) e ho seguito il libro delle scuole medie che spiegava anche i fondamenti della chitarra classica.
Suonando i pezzi classici piano piano iniziavo a capirci qualcosa, poi scoprii gli accordi e per me fu una rivoluzione, ma veramente, non riuscivo a capacitarmi di come si potesse suonare e cantare fino a quando non arrivai a leggere quella pagina sugli accordi! Da lì mi si è dipanata la nebbia e aperto un mondo.
Curiosità
Ho deciso di intraprendere seriamente questa strada – racconta durante l’intervista – nel momento in cui ho visto “Jumpers for Goalposts” di Ed Sheeran. Vederlo tutto solo tenere uno stadio come Wembley con tre sold out consecutivi. “Wow c***o, è questo il sogno che voglio realizzare“. Ho ancora il biglietto d’ingresso del cinema nel mio portafoglio.
Simone
È come se la musica ti fosse stata messa in mano, direi che l’hai accolta nel modo giusto! Quindi come sei arrivato a fare il genere che suoni oggi?
Kevin Koci
In terza media ascoltai per la prima volta Fabrizio De André, il padre di un mio amico mi prestò la sua opera omnia e io cominciai ad ascoltarlo ogni giorno per ore ed ore, a pensare a cosa volessero dire i suoi brani e perché mi facessero sentire così… malinconico. Da lì ho preso una strada dalla quale non si esce e ho cominciato a pensare un sacco e mi sono bruciato qualche altro potenziale anno di ingenuità. No veramente, a “Faber” devo veramente la dote essenziale di ascoltare e sentire (emotivamente) un brano, empatizzare con qualunque sia il pezzo e cercare di cogliere e di imparare il più possibile dalle mie ispirazioni.
Simone
Cosa ti attrae di questo sound e quali artisti ti hanno ispirato? De Andrè a parte.
Kevin Koci
Dopo De André cominciai ad ascoltare ogni giorno ore ed ore di musica. Di solito vado a periodi, mi soffermo su uno o pochi artisti alla volta tra i più disparati e cerco di imparare il più possibile.
Ti elenco un minestrone di quelli che ora mi saltano in mente: dai Beatles e poi in particolare John Lennon, Bob Dylan, Pink Floyd, Jimi Hendrix, Neil Young, Robert Plant ai Nirvana (grazie a “Something in the way” ho iniziato a cantare, pensa che strano), Eddie Vedder, Chris Cornell, Glen Hansard, The Lumineers, The Smiths, White Buffalo al ramo di Josè Gonzalez, Sun kill moon, Syd Matters, Joshua Radin, Nick Drake, Greg Holden, Eminem,Macklemore, Ed Sheeran, James Bay, Milky Chance, Chill Hop e Low Fi per i momenti più tranquilli.
Per gli artisti italiani Niccolò Fabi, Brunori Sas, Salmo, Nitro, Willie Peyote, Caparezza. Insomma è un casino, però aver dato tempo a ognuno mi ha aiutato ad imparare molto e ricordo sempre cosa ho imparato da ognuno di loro.
Quello che ne segue è che quando scrivo un brano può essere che esca un pezzo hip hop così come una ballata. Dopo la cosa fondamentale è dargli un sound che sia sempre personale e riconducibile a me. Altrimenti c’è sempre il cimitero dei pezzi buttati e ti assicuro che nel mio non ci vorrei mai andare (ride).
Curiosità
“Mi piace bere qualche birra quando compongo per entrare in un mood introspettivo. Forse questo lo devo a Bukowski…”
Simone
Forse non sai che Bon Jovy, con la canzone “It’s my life” che l’ha reso famosissimo, aveva commesso un enorme errore! Lui e il suo gruppo l’avevano gettata nel cassetto dei brani da non suonare, poi un po’ per caso hanno deciso di performarla davanti al loro editore, visto che non avevano altri brani da inserire nel disco, e il resto… beh il resto è inutile dirlo! Quindi, domanda da un milione di dollari, come crei i nuovi testi e le musiche? Come decidi se un brano deve vivere o morire?
Kevin Koci
Molto molto molto imprevedibile. Quello che so per certo è che se non suono per giorni mi sento sempre più inquieto e comincio a diventare insopportabile (ride). Resisto massimo massimo una settimana.
Per quanto riguarda la stesura però è la cosa più imprevedibile di tutte. Prendo in prestito il termine dalla filosofia di Jan Smuts (e da Dirk Gently (ride)) e mi definisco un cantautore “olistico”.
Secondo me il testo è una cosa fondamentale, molto spesso mi dedico prima a quello e poi alla musica. Il fatto è che non so quando succede. C’è un momento in cui mi sento di dover buttare fuori questo magone ed è il momento in cui scrivo.
Lo stesso per la melodia, mi è capitato spesso che quando sto per addormentarmi, e ce ne vuole, mi viene in mente qualche traccia e quindi me la canticchio registrandola sulle note vocali del cellulare per rilavorarci nei giorni successivi. Non sai quanti brani ho perso perché pensavo che me li sarei ricordati. Sai però anche come si dice “La miglior canzone che ho fatto è quella che non ho ancora scritto”.
Simone
Se continui così di bei pezzi ne farai ancora tanti secondo me, ma parlando della tua situazione da artista emergente: cosa pensi delle altre band e del panorama musicale di questo periodo? C’è spazio per nuovi artisti oggi?
Kevin Koci
Certo è che le tendenze spesso e volentieri, detto con un registro linguistico raffinatissimo, “la buttano male” (ride), ma sono convinto che c’è del buono in ogni genere musicale, basta scovarlo.
Bisogna innanzitutto eliminare il pregiudizio per il quale solo perché un pezzo diventa commerciale allora è da buttare, perché la gente che segue questo principio non si rende conto di seguire a sua volta una moda quasi peggiore, o lo fa inconsapevolmente.
La cosa difficile per tutti gli artisti è rendersi conto che i tempi sono cambiati rispetto ad anni fa, dove relativamente “poteva bastare suonare bene” ed era più probabile rispetto ad oggi che una major ti prendesse in cura. Allora fare un disco era il punto di arrivo, mentre oggi è il punto di partenza, poi devi stare dietro a cercarti le date (fondamentale), farti comunicati stampa, fare uso necessariamente dei social, pubblicità, scrivere a siti e a riviste e allo stesso tempo comporre bene e suonare bene. Dall’altra parte della medaglia sono mezzi che potenzialmente ti permettono di emergere senza dipendere da qualcuno, perché poi bisogna considerare che le etichette ormai procedono per coproduzioni (non che sia fondamentale trovarne una) finché non trovi una major.
La cosa veramente triste invece è vedere il grande macchinario dei talent che svaluta una cosa così magica e trascendentale come la musica (penso sia veramente un dono da parte di qualcosa di più grande di noi) a intrattenimento usa e getta. Io ho 19 anni, potete darmi dell’ingenuo o dirmi che ancora non ho esperienza ma ci sono sempre altre alternative prima di tentare il talent, per esempio l’alcol e droghe di ogni tipo… (ride). Ho bruciato la mia occasione di sembrare intelligente vero? (ride)
Curiosità
“Ho incontrato Niccolò Fabi al Teatro dell’Opera a Firenze, e dopo aver chiacchierato un po’, lui è uscito fuori mentre stavano facendo delle interviste a Morgan e a Dolcenera. Io ho scritto il mio primo pezzo in italiano grazie al suo album “Una somma di piccole cose” e quindi mi pento ogni giorno di non aver avuto le palle di dirgli “Ehi scusa, posso farti sentire un pezzo?”
Simone
I grandi della musica erano spesso “allucinati”, le grandi composizioni le hanno scritte sotto effetti di stupefacenti. Ma sono morti non troppo bene, quindi io opterei per “la strada più difficile” senza uso di droghe (rido io stavolta).
Scherzi a parte, credo anche io che i talent sminuiscano a volte il lavoro che c’è per diventare un gruppo musicale affermato, Hive Music nasce anche per questo, è un progetto che vuole valorizzare la musica sul territorio, regione per regione, organizzando eventi che possano far esibire gli artisti senza sostenere costi esosi, e allo stesso tempo far guadagnare il proprietario del locale che ospita l’evento, rimettendo in modo l’economia. Cosa ne pensi di questo progetto? Vorresti partecipare ai nostri eventi?
Kevin Koci
In Italia siamo pieni di gente che ha voglia di suonare e di farlo bene. La scena che c’è, al contrario di quello che si pensa superficialmente, è molto variegata e la chiave è: organizzare più musica live possibile nel rispetto dei musicisti e dei locali. Fa bene ad entrambi se fatto nel modo giusto no?
Simone
Mi fa molto piacere che tu sia d’accordo, quindi approfitto del tuo contributo per chiederti: cosa aggiungeresti a questo progetto? Come pensi che potrebbe ulteriormente migliorare?
Kevin Koci
Mmmh, potreste rilasciare degli articoli o un blog dove date consigli utili e offrite informazioni a chi vuole intraprendere questa strada tanto lunga quanto affascinante: da piccole ma fondamentali cose per esempio come funzionano le edizioni, a come trovare date, a come costruirsi un ufficio stampa efficiente…
Simone
Grazie mille per la tua disponibilità e il tuo parere, ne faremo tesoro! Ma adesso vorrei parlare dei tuoi brani, che mi hanno davvero emozionato. A seguire la recensione!
Recensione
Questo giovane artista sta lavorando alacremente e lontano dagli occhi di tutti per far uscire il suo primo album, sono sicuro che saprà sorprendermi! Al momento attuale “Addiction” e “Down & Drowned” sono gli unici brani disponibili, su tutti gli store.
Per Kevin Koci tutto comincia quando inizia a suonare la chitarra, a 12 anni, da autoditatta, suonando e cantando con una loop station e partecipando attivamente a serate organizzate nei locali della sua città.
A 18 anni sceglie di viaggiare come artista di strada suonando in molte città europee e appena tornato incide il suo primo lavoro in studio chiamato Puzzles. Il tema dell’EP si fonda su come la musica assuma una funzione terapeutica. “L’enigma” consiste nel riuscire a catalizzare la “nuvola nera” nel brano, l’unico modo per rimandarla fino al prossimo incontro. Il suo stile è un insieme di contaminazioni determinate da cantautori come Bob Dylan, Glen Hansard, Nick Drake, Ed Sheeran.
Dal punto di vista compositivo i testi sono dettati da una scrittura diretta e emotiva, influenzati sia dai cantautori precedenti, sia da altri artisti quali Kurt Cobain, Roger Waters, Eddie Vedder.
Ciò che ne risulta è una musicalità unica, dolce e piacevole, che non tralascia la complessità dei suoni e della voce. È un piacere da ascoltare in ogni momento della giornata e seppure Kevin Koci sia un artista giovane si capisce subito che ha della grandi potenzialità.
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