MorMor: Da Toronto con furore

I’m just a poor boy
Waiting for answers
No one heard you coming
I watched the ashes blow away

Nell’epoca della bulimia musicale, è sempre più dura districarsi tra le innumerevoli uscite e cogliere il talento giusto. Il Canada è inoltre uno dei luoghi più fertili del pianeta in quanto a produzioni domestiche in salsa lo-fi. Non si contano le diverse etichette indipendenti dedite a produzioni spesso fotocopia e da lanciare nel fitto mercato discografico come esche nello stagno. E a tal riguardo, non ce ne vogliano i pionieri, nonché divini padrini dell’indie canadese degli ultimi tre/quattro lustri come Arcade Fire, The New Pornographers, Broken Social Scene e compagnia bella. C’è poco da fare: a conti fatti, è quasi impossibile seguire tutto quello che arriva da Montreal, Toronto e dintorni. Tuttavia, nel marasma generale spunta sempre e comunque un nome nuovo da tenere d’occhio, un talento possibile da annotare immediatamente sul taccuino, prima che i neuroni passino oltre, deviati magari dal richiamo di un intrigante streaming sullo schermo contornato qui e là dall’ennesimo concept grafico.

Seth Nyquist a.k.a. MorMor è un ragazzo semplice. Un giovane cantautore con pochi riferimenti possibili, e ancor meno ingredienti per una ricetta musicale che potremmo definire come puro r’n’b dei nostri giorni. Il giovanotto si muove all’interno della stessa cerchia di BADBADNOTGOOD e Charlotte Day Wilson, insomma tutta l’allegra combriccola di Toronto. La differenza con lo stile propinato dai suoi illustri amichetti è però abissale. A Seth piace il synth pop dolce e cullante che strizza l’occhio alle atmosfere più carezzevoli dei sempre più saccheggiati Anni 80. Synth morbidissimi e avvolgenti costituiscono la stoffa entro cui calare ganci melodici in scia Motown, e a cui aggiungere magari un passo ritmico aggiornato, financo in quattro quarti. Il talentino ha dichiarato in diverse interviste e nell’intro di un suo pezzo di essere ”solo un povero ragazzo in attesa di risposte”. Esternazioni umili quanto una formula che non bada ad arricchimenti di sorta e strambe trovate elettroniche, ma a tutt’altro: Seth punta dritto a una perenne risacca sonora. E’ questo il suo vero obiettivo primario. Provate ad ascoltare un brano come Find Colour e avrete un’idea della compostezza diffusa con eleganza e soprattutto con una padronanza canora di tutto rispetto. Nyquist non azzanna mai il microfono, resta perennemente, o quasi, sullo sfondo, ben agiato sul proprio tappetto di suoni confortevoli. Il cantautore dichiara che “la sua musica implica cose diverse per persone diverse”: una dichiarazione d’intenti che trova la propria quadratura nella potenziale hit Heaven’s Only Wishful, titolo e singolo di lancio del primo EP edito per l’etichetta Don’t Guess. Un brano munito di un refrain semplicissimo, eppure tremendamente efficacissimo. Nyquist ha inoltre curato il video del pezzo, oltre a scrivere il disco interamente da solo; una visione, la sua, curata nei minimi dettagli, realizzata in collaborazione con Max Chandler, Pia Perez e Sylvain Chaussee. Un quadretto carico di immagini emblematiche, tra fiori di ciliegio, binari ferroviari abbandonati, e lo stesso Seth che appare sul cavalcavia con le braccia tese quasi a richiamare la figura di Cristo. Non manca poi l’acuto in coda che proprio non t’aspetti e che ne attesta le qualità canore, centellinate con grazia nei vari momenti. La suadentissima Lost con il suo andazzo alla Weeknd è a sua volta il brano più “contorto” del lotto e affonda in un intrigante partitura dub appena abbozzata, con tanto di basso elettronico alla stregua del miglior Toro Y Moi, prima che la circolarità del synth avvolga tutto e tutti.

La successiva Whatever Comes to Mind segnala invece appagamento, gioia: organetto in avvio, sospiri, pochi accordi e quel mood da cantore soul illuminato semplicemente irresistibile. Si potrebbero scomodare gli album più delicati di Devonté Hynes periodo Lightspeed Champion, ma finiremmo ugualmente fuori pista. Già, perché MorMor è munito di una sobrietà tutta sua, una misura ammiccante del proprio sound che lo rende assolutamente preciso e penetrante, come gli squarci trattenuti di chitarra nel finale di Waiting On The Warmth. Certo, di giovanissimi autori pop-soul composti e ben assestati anche sul piano canoro ne abbiamo a iosa. Ma raramente riescono a non risultare effimeri sulla lunga distanza. Parimenti, le potenzialità di Nyquist sono senza dubbio tutte da verificare al meglio alla prova del nove, o meglio al primo LP. Ma visto che il più delle volte il buongiorno si vede dal mattino, sarà altamente improbabile il sopraggiungere di un’eventuale e inaspettata smentita. Per il momento, incrociamo le dita e gustiamoci questo primo, esaltante assaggino.

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