Zerella, storie di campi di calcio e amori perduti
Dopo il successo del calderone indie, esploso come una supernova nell’ultimo lustro, non si contano più le band copia-incolla. Munite nella stragrande maggioranza dei casi di una scrittura irriverente e tragicomica, con citazioni 3.0 sparse ad ogni strofa, gran parte di queste formazioni finiscono per svanire nell’arco di una sola stagione, sommerse da un frullato di giovani epigoni che si susseguono uno dietro l’altro alla stregua dell’agente Smith ideato dai fratelli Wachowski in Matrix. Insomma, nel caos odierno del web non è affatto semplice individuare potenziali nuovi fenomeni da segnalare ai più, soprattutto quando si punta a scavare in certi territori. La cernita è sempre più complicata, e le meteore ormai si susseguono e si dissolvono come piccoli frammenti nell’atmosfera terrestre nella celebre notte di San Lorenzo. Tuttavia, se sei una band nata da poco ma con alle spalle l’apertura dei concerti di Gazebo Penguins, Giorgio Ciccarelli, Giorgio Canali e Marlene Kuntz, la curiosità non può fare altro che sovrastare, almeno per un istante, ogni sospetto.
Gli Zerella sono un gruppo composto da Gianluigi Pilunni (basso), Francesco Carpentieri (chitarre, cori), Carmine di Giacomo (batteria), e Ciro Zerella (voce, chitarra, tastiere), quest’ultimo leader maximo e deus ex machina di tutta la faccenda; è infatti dalla sua penna che nascono le canzoni di questa giovane formazione. Cantautore classe ’93, cresciuto tra i dischi e le cassette della sua vecchia casa, Ciro Zerella ha il vizio di comporre un brano dietro l’altro ed entrare in sala di registrazione con il suo gruppo con il mero scopo di rendere compiuta ogni singola canzone, di “vestirla” alla giusta maniera e di arricchirla senza strafare.
Le influenze degli Zerella e del loro “guru” affondano le proprie radici nel cantautorato italiano d’annata, nel pop/rock inglese dei benemeriti Anni 90 e ovviamente nella scena indie nostrana dei primi anni del nuovo millennio. A tale inclinazione, si aggiunge una sensibilità profonda verso le tematiche del vivere quotidiano. Un racconto quasi da “bar”, vivamente schietto, parimenti sarcastico e disilluso. E non è affatto un caso che il titolo del loro primo LP sia per l’appunto Sotto casa tua. Una scelta che dice tutto. Difatti, gli Zerella narrano di strade provinciali e storie di pallone. E sembrano proprio quattro ragazzi di periferia fermi sotto casa, o nell’angolo di una piazza qualunque, a sorseggiare birre, raccontare storielle e nel mentre strimpellare qualcosa che possa rendere più vibrante il tutto. L’approccio è quindi cordiale, scevro da laccature di sorta, diversivi di turno e tendenze varie.
L’album è stato registrato e prodotto tra il Play Music Studio di Cava de Tirreni e lo studio di Emilio Capuano (fonico di palco per Luca Barbarossa e Carmen Consoli) a Serino, nell’avellinese. Un disco in cui hanno suonato anche i vari Alessio Vito (chitarra), Gerardo Danna (chitarra), Laura Papa (pianoforte), Giovanni Nardiello (batteria), Remo Radica (batteria) e Aniello de Sena (tromba). Tra un ballata dal passo sbarazzino, una massima di quartiere, un’iperbole allegra e l’altra, spuntano fuori momenti decisamente interessanti, come l’avvincente Prenderti o Perderti: due minuti e poco più nei quali è una sagace presa di coscienza romantica a spiccare il volo, con pochissimi accordi in appoggio e un ritmo vagamente imperioso.
L’amore per il calcio subentra in Santiago Bernabeu e in Brasile, 1958, quest’ultima una sorta di telecronaca cantata nel ricordo di una partita dei mondiali del ’58, con Garrincha mezzo infortunato, Zagallo in versione assist man e la “perla nera” Pelé che salta tutti e va in goal. Al netto dell’irriverenza e della nostalgia calcistica, c’è spazio anche per un “Cristo da inchiodare senza fare clamore” e per “Sgualdrine in copertina, novella 2000”; versi che si alternano tra un riff e l’altro, uno stop&go ritmico e una lenta ripartenza. Certo, non mancano i rimandi ai pur sempre pionieri Afterhours, ma è solo una sensazione repentina. Gli Zerella hanno carattere e talento da venere, e sono tutt’altro che sprovveduti. Sono semplicemente una band da tenere d’occhio e da non confondere assolutamente con il resto della ciurma.
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