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Intro

Il caloroso benvenuto di oggi è dedicato agli Unmask, gruppo progressive che ha scelto una strada sonora ben precisa, cosa che per degli esordienti è un caso unico. Non perdiamo altro tempo e andiamo a intervistarli!

Simone

Benvenuti Unmask, è un piacere avervi con noi tanto quanto lo è stato ascoltare il vostro album, ma adesso vorremmo conoscere la vostra genesi, come è nato questo fantastico gruppo.

Unmask

Buongiorno Simone, e lettori di Hive Music.

Il progetto Unmask nasce nel 2006 da un’idea di Daniele e Claudio, quella del perseguire la tradizione italiana del progressive rock in chiave moderna, strizzando l’occhio alle tendenze neo-prog britanniche e statunitensi.

Alla band si unì presto Ignazio; l’incontro con lui fu fortuito e degno di una delle migliori trame cinematografiche, infatti la sua segnalazione ci arrivò dall’incontro, assolutamente casuale, di un suo carissimo amico con l’allora nostro chitarrista Salvatore Tinè, su un bus notturno. L’arrivo di Dario è invece stato nel 2008 in un periodo in cui eravamo alla ricerca di un nuovo batterista e dopo diversi provini arrivò lui, ci colpì subito, fu “amore a prima vista”.

Simone

Il progressive è un genere molto particolare e ricco di dettagli, perché questa scelta?

Unmask

Come dicevamo prima, la tradizione del progressive rock italiano sicuramente ci ha indirizzato, anche se poi nella nostra musica non ci sono particolari riferimenti alle composizioni di quel periodo. Traiamo maggiormente spunto dalle nuove correnti neo progressive e post rock.

Quindi possiamo dire che la nostra non è stata proprio una scelta consapevole, o fatta a tavolino, è semplicemente quello che ci viene naturale fare.

Simone

Immagino a questo punto che ci siano degli artisti che vi abbiamo dato la carica di seguire le loro orme, siamo curiosi di sapere quali sono!

Unmask

Di questo sound ci attrae il dinamismo, la vasta gamma di sonorità e atmosfere che mutano continuamente, anche all’interno del singolo brano, e poi sicuramente anche la libertà compositiva.

È un genere infatti che non adotta delle strutture fisse con le consuete alternanze strofa/ritornello e ci permette di mettere meglio in musica tutte le nostre idee.

Le band che, nel complesso, crediamo possano influenzare di più la nostra musica sono i Tool, i Porcupine Tree, ovviamente i Pink Floyd, ma anche i Russian Circles, i Sigur Ros e i Portishead.

Simone

Beh, considerando il dinamismo di questo genere musicale e la possibilità di non essere legati a strutture “classiche”, comporre un testo vi da molta libertà, ma potrebbe anche essere un’arma a doppio taglio. Raccontateci come siete riusciti a farlo così dannatamente bene.

Unmask

È molto più semplice di quello che sembra, almeno per noi.

Ci incontriamo generalmente la sera e la gran parte delle composizioni è fatta insieme nel box dove proviamo, nel nostro “laboratorio“. Solamente alcune parti dei testi, che possono aver bisogno di una concentrazione maggiore, vengono scritti in un secondo momento.

Curiosità

I momenti che ti rimangono più impressi sono sicuramente quelli delle date live “in trasferta” che per band emergenti come noi a volte sono molto simili a vere e proprie avventure.

In particolare ricordiamo una nostra partecipazione all’interno di un importante festival in Puglia: serata fantastica con tanta gente, in estate, palco enorme e all’aperto. Ironia della sorte, poco prima del nostro turno inizia a diluviare…

Nello sconforto totale della situazione, visti anche i km percorsi, ci ricorderemo sempre della solidarietà di una band che mise a disposizione un loro locale, nei pressi della piazza, adibito a sala prove. La serata continuò, ci trasferimmo tutti lì e in un ambiente più piccolo il calore del pubblico fu ancora maggiore, fu un concerto indimenticabile.

Simone

Cosa pensate delle altre band emergenti e del panorama musicale di questo periodo? C’è spazio per nuovi artisti oggi?

Unmask

Purtroppo quello che notiamo è un appiattimento verso quei generi che vanno più di moda in questi ultimi tempi. Tutti vogliono fare ed essere Rap, Cantautori Indie o anche Post-Rock. Forse quello che manca è la voglia di sperimentare o mettere qualcosa di più personale in quello che si suona.

In merito allo spazio per i nuovi artisti, è chiaro che al giorno d’oggi si hanno più strumenti di promozione a disposizione e i costi di produzione sono alla portata di tutti ma proprio per questo la concorrenza è altissima. Considera anche il diverso approccio alla musica da parte degli ascoltatori: vasta scelta, soglia minima di attenzione, ascolto mordi e fuggi.

Sicuramente è un ecosistema molto più complesso di tanti anni fa ma è chiaro che l’attenzione al prodotto con produzioni di qualità alla lunga vengono notate. Ovviamente su generi “mainstream” è molto più facile avere la propria occasione, essere “capiti” e considerati. Ma per fortuna le nicchie non hanno confini geografici, e ci piace sperare che il duro lavoro alla fine viene sempre ripagato.

Simone

È stato un vero piacere potervi intervistare, adoro questo genere e vi auguro di andare lontano. Ma adesso ecco la mia personalissima opinione sul vostro album: “One Day Closer”.

Recensione

La band oggi si compone di pezzi essenziali, senza usare archetipi fuormisura, ma di eccezionale bravura:

La Band
  • Ignazio IuppaVoce e Synth
  • Claudio Virgini Chitarra
  • Daniele ScarpaleggiaBasso
  • Dario SantiniBatteria
One Day Closer

Gli Unmask nascono nel 2006 e hanno inciso un primo album: “Sophia Told Me”, ma è con “One Day Closer” che secondo me maturano e danno prova di una arricchita esperienza artistica.

Nel disco il sound progressive è spinto, ma accompagnato da moltissime altre influenze che vengono a galla man mano che lo si ascolta, c’è del metal e dell’alternative che davvero non dispiacciono. Una chicca? Il sound è caldo e intimo, frutto della scelta artistica di rispolverare, nell’era del digitale, synth analogici e amplificatori valvolari, e questo per me vale moltissimo visto che sono un appassionato di questi strumenti “vintage”.

I brani sono particolarmente ritmati e ascoltarli non annoia mai, l’attenzione dell’ascoltatore è sempre stuzzicata ora dalla voce del cantante ora da uno strumento “fuori posto” che inizia improvvisamente a suonare rinnovando la strofa che stavamo ascoltando.

Il cantante inoltre ha una voce graffiante, sempre intonata e particolarmente capace di aggrapparsi alla nota giusta al momento giusto. Sono questi i fattori che mi ha spinto ad ascoltare tutto il disco. Più di una volta.

L’album è composto da 10 brani, per una durata di circa 50 minuti, visto che come nella migliore tradizione del genere ogni traccia dura in media 5 minuti. Questa lunghezza permette ai brani di cambiare velocemente ritmo e tonalità senza però essere prolissi, senza annoiare per esser troppo lunghi.

“One Day Closer” è un album da gustare con calma, ascoltandone le sonorità contemplando l’onirico.

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