Roberto Caselli e la storia della canzone italiana
Intro
Storica voce di Radio Popolare, ma anche giornalista e critico musicale, Roberto Caselli ha recentemente pubblicato, per la Hoepli, una Storia della canzone italiana. Partendo dalla fondamentale esperienza della tradizione napoletana, Caselli analizza lo sviluppo della canzone italiana tenendo sempre d’occhio i contesti sociali in cui, di volta in volta, essa è andata maturando.
Di seguito, la nostra intervista con l’autore.
Francesco Nunziata
So che hai impiegato due anni per portare a termine il progetto del libro. Quali sono stati le difficoltà maggiori che hai incontrato?
Roberto Caselli
L’idea era quella di organizzare un libro che contestualizzasse le canzoni e i personaggi di cui trattavo. Era importante sottolineare come il costume e la società più in generale procedessero sincroni con lo sviluppo culturale, di cui le canzoni sono parte. La difficoltà è stata soprattutto quella di trovare un equilibrio nelle cose che dicevo. Personalmente sarei andato molto più pesante sulla canzone commerciale in genere, ma mi sono reso conto che la cultura ha molteplici sfaccettature che bisogna comunque considerare in toto. Poi, naturalmente, la tua idea prevale, ma non vanno dimenticate le altre; quello che mi importava fare passare è che c’è differenza tra una canzone che ti fa pensare e un’altra che canticchi mentre ti fai la barba. Per molti, la canzone è ancora solo un modo piacevole di passare il tempo.
Francesco Nunziata
In cosa il tuo libro è diverso dalle altre “storie della canzone italiana”?
Roberto Caselli
Come già dicevo prima, m’interessava evidenziare il concetto di canzone intesa come fenomeno culturale e di costume. Non è un caso che i giovani, che sono la categoria più disponibile all’evoluzione del costume, siano in genere quelli che inventano o abbracciano per primi nuovi modi di fare musica, di vestirsi, di parlare e via dicendo. Insomma, il libro non vuole essere un’enciclopedia della musica, dove figura necessariamente ogni singolo cantante, ma preferisce dare risalto a quegli artisti che hanno creato qualcosa di nuovo, di culturalmente significativo.
Francesco Nunziata
Qual è stato il vero momento di “rottura” nella storia della canzone italiana?
Roberto Caselli
Ci sono stati più momenti. Delimitando la domanda dagli anni ’50 in poi, direi senz’altro Buscaglione e Carosone, da una parte, che sdoganano musicalmente il jazz e cominciano a inserire testi ironici al passo con i tempi, e, dall’altra, Modugno, che rompe l’immobilismo sul palco e si permette di gridare a gran voce la propria libertà. Da lì è nato tutto ciò che di dirompente è poi seguito: il rock’n’roll di Celentano, il beat dei complessi “cappelloni”, i cantautori che parlavano di problemi esistenziali. Se non ci fosse stato qualcuno che per primo avesse rotto la patina del melenso dominante, tutto avrebbe tardato ad arrivare. Naturalmente, complici sono stati anche i media che ne hanno parlato e li hanno sostenuti.
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Francesco Nunziata
All’inizio del libro, parli della melodia come di un elemento che è stato (ed è?) “croce e delizia della canzone italiana”. Vuoi chiarire meglio questa tua affermazione?
Roberto Caselli
Lo sviluppo della canzone italiana si è basato per molti anni su due cardini portanti: il melodramma e la canzone napoletana, certamente due fiori all’occhiello della cultura italiana, ma così insiti nel DNA dei nostri autori da renderli incapaci di andare oltre. Pur senza togliere nulla al valore della melodia all’interno di una canzone, che rimane fondamentale, bisogna considerare anche il ritmo, senza il quale, per esempio, non sarebbe nato il rock’n’roll e tutto ciò che ne è seguito.
Francesco Nunziata
Cosa differenzia la canzone italiana da quella degli altri paesi?
Roberto Caselli
Ogni paese ha un debito incancellabile con la propria storia e la propria cultura anche dal punto di vista musicale. La tradizione popolare, da cui deriva sostanzialmente tutto, ha plasmato la canzone secondo la propria sensibilità in funzione dell’ambiente in cui viveva, in base ai bisogni e alle difficoltà che la società gli imponeva. È vero che poi con lo sviluppo dei mezzi di locomozione le culture si sono influenzate e, per forza di cose, ibridizzate, ma è pur vero che l’imprinting culturale non si cancella. Da noi la melodia rimane un aspetto irrinunciabile.
Francesco Nunziata
Il primo capitolo è dedicato alla nascita e alla diffusione della canzone napoletana che, almeno fino alla Prima Guerra Mondiale, fu adottata come espressione nazionale. In cosa la canzone italiana di oggi le è ancora debitrice?
Roberto Caselli
Come ti dicevo, la melodia, che è stato l’aspetto che ha permeato la canzone napoletana, è passata anche in quella in lingua italiana e permane tuttora come aspetto principe in alcuni generi di canzone. È stata l’influenza della musica anglofona che ci ha permesso di andare oltre, senza tuttavia dimenticare la nostra storia. Se pensi alla PFM, che è stato uno dei nostri pochi gruppi ad avere avuto fortuna anche in America, nella sua musica ci trovi il rock, ma anche la tarantella, ed è stata proprio quest’ultimo aspetto a darle all’estero il valore di novità e d’interesse.
Francesco Nunziata
A un certo punto, scrivi: «Ogni epoca può essere raccontata attraverso le canzoni che il popolo scrive». Cosa ci raccontano, dunque, le canzoni italiane di oggi?
Roberto Caselli
La canzone italiana di oggi ci racconta il momento di crisi che stiamo vivendo. Crisi di idee, d’identità e di sperimentazione. Si è ritornati verso il pop più leggero, che manca in gran parte di forza e di mordente. È vero che non è facile costruire una bella canzone pop, ma i testi mancano di cultura e questo non perché siano poco colti gli autori e i cantanti, ma perché manca loro la genialità della sintesi espressa in modo brillante e poetico. Ecco, è forse la forza della poesia che manca nei giovani autori.
Francesco Nunziata
Parlando del Festival di Sanremo, una volta il compianto Ennio Flaiano ebbe a dire: «Non ho mai visto niente di più anchilosato, rabberciato, futile, vanitoso, lercio e interessato.» A Tuo avviso, è un giudizio fin troppo severo o no?
Roberto Caselli
Preferisco sposare la tesi di Domenico De Masi che disse: “Se vuoi capire il paese c’è poco da fare, devi guardare Sanremo”. Le piccole elite culturali si devono arrendere davanti al seguito che ha il Festival. E se il Festival, come molto spesso capita, è una schifezza, bisogna concludere che quello che vogliono gli italiani è proprio quello. Meglio non pensare evidentemente, perché pensare costa fatica e allora ci becchiamo senza fiatare anche i governi che si stanno succedendo.
Francesco Nunziata
Secondo Mogol, il vero segreto per un autore di canzoni è «osare». Ma è ancora possibile farlo senza rischiare di diventare l’ennesimo cantautore/cantante di nicchia?
Roberto Caselli
Le nicchie, se sono interessanti, sono destinate a imporsi e a creare nuova cultura. Bisogna sempre osare, non tanto per stupire, ma piuttosto per creare nuovi canali di tendenza. Sarà poi il tempo a decretarne la validità.
Francesco Nunziata
Uno dei cantautori italiani più apprezzati – se non il più apprezzato in assoluto – è sicuramente Fabrizio De Andrè, un artista di cui, a dirla tutta, non ho mai amato molto la produzione antecedente a quello che ritengo essere il suo vero capolavoro, Crêuza de mä (1984). Almeno fino a Rimini (disco uscito nel 1978), il cantautore genovese – come rilevi giustamente tu stesso nelle pagine del libro – aveva privilegiato il testo rispetto alla musica. E non è un caso, aggiungo, che per la riuscita di Crêuza de mä fu decisivo il lavoro sulle musiche di Mauro Pagani. A questo punto, ti chiedo: non credi che fin troppo cantautorato nostrano abbia commesso – e continui, ahimè!, a commettere – lo stesso errore di De Andrè, concentrandosi, insomma, fin troppo sul testo e tralasciando di dare il giusto peso alla musica? Musica che, a conti fatti, è ciò che, anche nell’analisi di una canzone – per dirla con Ivano Fossati – deve venire prima del testo? L’optimum dovrebbe essere rappresentato dalla giusta compenetrazione di forma (musica) e contenuto (testo), ma questo è ciò che, forse, riescono a fare solo i grandissimi…
Roberto Caselli
Sono d’accordo che pur scrivendo un testo stupendo, non sostenuto adeguatamente dall’aspetto musicale, non riuscirai mai a creare una canzone davvero bella. Questo non vuol dire però che il testo debba essere ancillare alla musica. La forma canzone è una compenetrazione di poesia e soavità musicale. È nata come poesia musicata e, per quanto si sia evoluta, necessita ancora che entrambe le componenti si sposino alla perfezione. De André è stato uno dei pochissimi nostri artisti ad arrivare a questa sintesi suprema che è rara anche nei songwriter stranieri. Scrivere una canzone non è poi una cosa così complicata, farne una bella invece è patrimonio di pochi. I capolavori, infine, sono rare eccezioni di spiriti eletti.
Francesco Nunziata
Mi ha sorpreso il poco spazio che hai riservato all’analisi dell’opera di Paolo Conte, che rappresenta, in fin dei conti, uno dei nostri autori relativamente più originali. Si è trattato di una scelta dovuta a questioni di spazio o cosa?
Roberto Caselli
Paolo Conte per me è un personaggio straordinario, capace di creare quadretti espressionisti di grande intensità e bellezza e di accompagnarli a musica eccellente. È una delle figure più luminose del nostro panorama musicale per cui vorrei subito togliere qualsiasi dubbio in merito a quel che penso di lui. Mi è semplicemente sembrata più bella un’analisi della sua opera in termini generali che tuttavia rimarcassero gli aspetti salienti della sua opera, senza entrare nell’analisi di ciascun album che sarebbe forse stata ripetitiva.
Francesco Nunziata
Secondo Roberto Vecchioni, scrivere una canzone è un gesto effimero, incapace di incidere sulla realtà e di cambiarne il corso. Sei d’accordo con lui o credi, invece, che una canzone possa avere un certo peso nei cambiamenti della società? E, nel caso, quali canzoni italiane hanno avuto un peso nel determinare il corso della nostra storia?
Roberto Caselli
Hai toccato due estremi che francamente ritengo esagerati per quel che può dire una canzone. Certamente, non può cambiare il corso della storia e altrettanto certamente, se bella, è impossibile che non ti lasci nulla. Le canzoni possono diventare un inno in certi momenti di problematica sociale e possono essere illuminanti per le tue vicende personali, ma in entrambi i casi devono essere considerate come aiuti per capire meglio cosa sta succedendo. In fondo, la funzione dell’intellettuale, e quindi anche del musicista impegnato, è quella di captare con un certo anticipo quel che sta per succedere e dare delle risposte che fungano da contributo al tuo bilancio personale.
Francesco Nunziata
Una volta, Manuel Agnelli, leader degli Afterhours, disse: «Tutti si domandano cosa vuole il pubblico, ma il pubblico non sa quello che vuole.» Ma siamo sicuri che il pubblico non sappia davvero cosa vuole?
Roberto Caselli
Sicuramente, Manuel voleva fare della provocazione, anche se, a ben guardare, una larga frangia di pubblico si becca quel che arriva senza battere ciglio. Purtroppo, è il solito discorso che vede la poca preparazione come aspetto dominante di una cultura disabituata al dibattito e alla complessità. Al concepire la musica come aspetto culturale.
Francesco Nunziata
Gli ultimi anni hanno visto ritornare in auge il pop come, ti cito, «supporto musicale da affiancare alla nuova canzone d’autore». Quali le ragioni di questo ritorno? E quali i risultati?
Roberto Caselli
Come sempre, quando c’è poco da dire, si recuperano stilemi del passato per riproporli con una chiave di lettura differente, più nuova, più adeguata al presente, col risultato di snaturare spesso la canzone senza essere in grado di ricostruirla adeguatamente. Anche se ci sono dei casi che sortiscono buoni risultati, non credo sia così che si proceda verso un’evoluzione musicale
Francesco Nunziata
Perché hai deciso di dedicare un capitolo a parte alla canzone d’autore femminile?
Roberto Caselli
Come ho cercato di spiegare nel libro, l’evoluzione della canzone femminile va di pari passo con quella della donna nella società. Per molto tempo la donna è stata considerata solo come possibile interprete di una canzone che qualche autore maschio scriveva per lei. C’è voluto del tempo prima che prendesse in mano la situazione e cominciasse a comporre canzoni per conto proprio. Per questo mi è piaciuto narrare in un capitolo a parte quello che è stato il cammino e il ruolo della donna nella canzone italiana.
Francesco Nunziata
Quali artisti di oggi stanno contribuendo a mantenere alta la bandiera della canzone italiana?
Roberto Caselli
Non credo che queste ultime decadi saranno ricordate per l’emergere di talenti particolarmente significativi. Ci sono certamente delle belle voci che, però, si limitano a cantare bene canzoni molto curate, anche confezionate in modo elegante, ma che restano, in ogni caso, pur sempre delle canzonette. C’è da dire che i gusti negli anni sono molto cambiati, hanno seguito un percorso indotto più dalle esigenze discografiche che da un reale bisogno. I talent, per esempio, propongono personaggi scelti da una giuria e non da una massa popolare con un giudizio proprio e questo fa la differenza. La canzone in questi anni non è più espressione di un bisogno che si sente dominante nella società, ma è frutto della scelta di qualcun altro che a suo modo fa il gioco dei discografici che hanno trovato nei talent l’impensabile uscita da un tunnel che aveva fatto precipitare le vendite.
Francesco Nunziata
Quali sono le dieci canzoni italiane più importanti di Roberto Caselli e perché?
Roberto Caselli
Troppo difficile rispondere. Direi che sono le prime canzoni che hanno caratterizzato delle novità discografiche significative. Le prime, perché poi è difficile mantenere quella freschezza che le ha determinate. Il primo Celentano per il rock, i primi gruppi beat che riprendevano canzoni in inglese, ma con una freschezza allora inedita a scapito della professionalità; e, poi, certamente i primi cantautori, il primo rock progressivo e il primo punk.
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