Gold Mass: acustiche transizioni

Gold Mass è il moniker dietro cui si cela la giovane cantautrice elettronica Emanuela Ligarò. Il suo esordio discografico, Transitions, è stato registrato tra la Scozia e l’Italia, e vedrà la luce soltanto nella primavera del 2019. I primi due singoli estratti dal disco e diffusi solo recentemente sul mercato sono un antipasto gustosissimo di un talento puro e in rampa di lancio alla stregua di un missile Atlas coi motori accesi a Cape Canaveral. Uno stile delicato, quello della Ligarò, denso di piccole alchimie sintetiche che si intersecano e fanno da volano a una scrittura tanto semplice, quanto estremamente profonda. Gold Mass narra del proprio io e delle vicissitudini di ogni giorno. La realtà assume dunque un ruolo centrale mentre la musica scorre tra morbide piroette al synth, atmosfere noir e ritmi alieni. Laureata in Fisica, con una mansione specifica nel campo dell’acustica nel reparto ricerca e sviluppo di una multinazionale tedesca, Emanuela Ligarò incarna quel ponte tra scienza e suono, calcolo e melodia. Un amplesso sublime che la proietta di scatto tra i nuovi fenomeni più interessanti del 2019. E’ lei stessa a raccontarci la sua musica e la sua storia nell’intervista esclusiva che segue.

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Intervista
Giuliano Delli Paoli

Paul Savage (Mogwai, Arab Strap, Franz Ferdinand, King Creosote, The Delgados) è un produttore importante, come sei arrivata a lui?

Emanuela Ligarò

Con determinazione ed ingenuità allo stesso tempo. Volevo vestire l’album di un tocco speciale e mi sono messa alla ricerca di un produttore che avesse la sensibilità giusta per dare al mio lavoro i suoni e le sfumature che desideravo. Quello che ho fatto è stato cercare online tracce che mi permettessero di raggiungere e scrivere ai produttori che avevano lavorato ad album che adoro. Se sai veramente cosa stai cercando, su internet trovi le informazioni di cui hai bisogno. A loro o ai loro manager, ho inviato la mia musica, tutto qui. Non pensavo neanche mi avrebbero risposto, perché non ho conoscenze o contatti particolari nel mondo della musica. Il mio è stato il tentativo audace di chi tenta il tutto e per tutto, spinto dall’amore per quello che ha creato. Fuori da ogni previsione, mi sono ritrovata a scegliere tra una rosa di produttori big interessati al progetto, fra cui Luke Alexander Smith (Foals, Depeche Mode), Marc Urselli di New York (Lou Reed, Mike Patton, Nick Cave, John Zorn), Howie B (Björk, U2, Tricky), che si sono mostrati entusiasti del mio songwriting e della voce. La scelta è ricaduta su Paul Savage e dire che ne sono assolutamente felice è a dir poco riduttivo. Ho imparato molto dal suo modo di lavorare, è una persona di una delicatezza speciale.

Giuliano Delli Paoli

Happpiness in a way poggia sopra un ritmo delicato mentre linee di synth affondano qui e là alla ricerca di una gioia e di una luce che sembrano fuggire via. Eppure, il tuo è un invito a venire fuori e a cercare la scia luminosa anche nelle giornate grigie. Com’è nata questa traccia e cosa hai voluto dirci con quelle parole?

Emanuela Ligarò

Happiness in a way è un pezzo che mi ha emozionato fin dal primo momento. L’ho scritto al pianoforte tutto d’un fiato in un pomeriggio e riascoltandolo mi è sembrato subito che fosse teso ed evocativo allo stesso tempo. Questo è esattamente quello che cerco quando scrivo. Il pezzo parla di tutte quelle piccole cose che ci fanno stare bene, un niente che ci ricorda chi siamo, ascoltare una voce gradita, la complicità con qualcuno, il suono del pianoforte di quando ero bambina. Anche questa è felicità. Il pezzo è tremendamente malinconico, perché è la felicità stessa ad esserlo. Sono lampi di luce, istanti di piacere che sono destinati a finire. La felicità è intrinsecamente passeggera e dentro di sé nasconde il seme della malinconia. Sono due stati d’animo che si succedono l’un l’altro, in una danza di umori che chiunque sperimenta. Ben altra cosa è la serenità. Happiness in a way è una galoppata, un viaggio. Mi rievoca un senso di velocità che credo sia stato pienamente restituito nel video che lo accompagna. Ho voluto fosse la prima uscita del mio lavoro, perché è la sintesi perfetta di quello che sarà l’album completo. Lo rappresenta.

Giuliano Delli Paoli

I tuoi video sono molto curati e danzi libera tra un tormento e una gioia, tra la quiete e la tempesta. A dirigerli è Luca Salvatori. Come sono nati? Dicci di più.

Emanuela Ligarò

La collaborazione con Luca Salvatori è semplicemente una meraviglia. E’ un direttore della fotografia dalle qualità perfette, perché è estremamente tecnico e manicale ma allo stesso tempo ha una sensibilità artistica ed emotiva molto evidente. Ci siamo trovati immediatamente in sintonia nel lavorare assieme, tanto che si è venuto a creare un vero e proprio sodalizio. Luca ha dedicato molto tempo all’ascolto della mia musica ed una grande attenzione ai testi. Conosce la mia storia ed è entrato con delicatezza ed allo stesso tempo con determinazione nel mio mondo, interpretandolo e traducendo in immagini quello che desidero esprimere. I video sono nati da nostre suggestioni, da sogni e visioni che abbiamo voluto realizzare. Luca ha avuto per entrambi i video delle idee potenti che li hanno resi mai banali ed a tratti inquietanti. Questo tipo di comunicazione è quella che più mi interessa avere, nel tentativo di non cadere mai in un mero e superficiale intrattenimento di un pubblico.

Giuliano Delli Paoli

Our reality è il tuo secondo singolo, e segnala un’atmosfera più straniante e dalle tinte noir, quasi enigmatica, infine anche il tuo canto si espone a questa misteriosa fascinazione. E’ una ballata dai toni cupi, quasi disperati, ma è innanzitutto la necessità di abbandonarsi a quel sentimento prezioso ma oramai perduto a salire in cattedra tra un’invocazione e l’altra. Cosa ti ha ispirato per questo brano?

Emanuela Ligarò

La mia scrittura è sempre autobiografica, scrivo solo cose che vivo e che sento. Non riuscirei a cantare frasi che non hanno per me un significato vivo. Quando scrivo, ho bisogno di sentire che quello che sto creando si porta via con sé, tensione ed inquietudine mie, che riesco con questo processo ad esorcizzare per qualche tempo. Per questo motivo, i testi hanno una grande importanza per me ed in essi mi metto completamente a nudo. Credo che dall’esterno, si percepisca sempre un’intimità ed un tono di confessione esplicita in quello che scrivo, ma sono cosciente che i miei testi possono allo stesso tempo risultare ermetici. Direi piuttosto che hanno volutamente una doppia lettura, e chi ne conosce la chiave è in grado di decifrare perfettamente ogni dettaglio di quello che racconto sulla mia vita. Our reality racconta quella sensazione di attesa e tensione verso un traguardo che si vuole raggiungere, ognuno di noi ha sogni e progetti che non è detto che si realizzino. Per chi è maniaco della perfezione ed ha sempre pensato a sé stesso ed alla propria vita come alla realizzazione di un giorno perfetto e senza ombre, questo stato di incertezza crea una certa inquietudine. Non bisognerebbe mai dimenticare che l’unica realtà, quella che conta veramente, sono solo le relazioni umane, quello che si è riuscito a costruire nei rapporti e nello scambio umano con le persone che abbiamo conosciuto e conosceremo nella nostra vita. Ogni altra cosa non ha veramente alcun significato: oggetti, mete e ambizioni sono cose inanimate. Le uniche espressioni di vita che incontreremo nel nostro cammino sono la Natura e le persone e per me è solo in questo senso che si realizzano esperienze significative che arricchiscono. Our reality è l’ultimo pezzo che ho scritto per l’album; sono entrata in studio con Savage e il pezzo è stato un “buona la prima”. Riesco ancora a percepire l’emozione che ho provato nel cantarlo quella prima volta ed il tentativo di descrivere a Savage l’arrangiamento che avevo pensato per la parte finale del pezzo. Quell’arrangiamento poi non è mai stato realizzato, perché Savage, in stato di grazia, ha capito e deciso fin dal primo momento che la miglior cosa sarebbe stata lasciare che il mio parlato descrivesse quello che avevo immaginato. Così è nato il pezzo e così lo possiamo sentire sul disco, più suggestivo che mai.

Giuliano Delli Paoli

Sei una fisica e quindi adori la scienza e la matematica, ecco: cosa ti ha portato anche tra le braccia della musica, insomma quando hai deciso di percorrere questa strada?

Emanuela Ligarò

Sono nata con queste due passioni, le coltivo entrambe da quando ero bambina. Con l’una e con l’altra riesco a sfamare completamente la mia testa che ha una parte razionale molto consistente ed una parte emotiva che urla e pretende di esprimersi. Entrambi i percorsi hanno richiesto passione e preparazione, per cui mi sono messa a studiare. Il percorso scientifico trova uno sbocco lavorativo naturale ed è quello che sono riuscita a raggiungere per primo. Per la musica, l’idea di arrivare a considerarla come unica professione è da sempre una chimera per molti musicisti. Esattamente come un qualsiasi percorso di laurea e di studio in genere, la musica richiede tempo, energie ed un budget per poterla svolgere a livelli professionali. Per cui nel mio caso, ho fatto in modo di arrivare ad affrontare la pubblicazione del mio disco avendo già una stabilità economica, derivante dal mio lavoro, che fosse in grado di sostenermi e permettermi di non dover mai rendere conto a nessuno, neanche ad un’etichetta discografica, della mia arte e di come voglio esprimerla. Il mio percorso è stato progettato in questo modo, fin dall’inizio. Credo poco nel muoversi allo sbaraglio, nell’improvvisarsi rincorrendo il proprio sogno affidando la buona riuscita di questo solo alla fortuna e al caso. Il mio è un progetto del tutto indipendente, autogestito e autofinanziato. Questo mi ha consentito di ottenere per il mio album il suono che rispecchia esattamente quello che desideravo e che non è influenzato minimamente dalla tendenza e dal gusto del momento.

Giuliano Delli Paoli

Gold Mass: da dove nasce questo moniker?

Emanuela Ligarò

Gold Mass è stata la mia unica scelta nel momento in cui ho pensato che avrei voluto cercare un nome d’arte e me lo sono sentita addosso da subito. Gold Mass indica un’attenzione verso l’essenza, un ritorno alla sostanza vera e pura delle cose, al nucleo. Ho voluto che avesse un riferimento alla fisica ed alla materia, come anche il titolo dell’album Transitions, in rimando alla mia formazione scientifica universitaria. Gold Mass allude anche a qualcosa di prezioso che viene tenuto nascosto ai più ed è visibile solamente a coloro che riescono ad andare oltre la superficie delle cose.

Giuliano Delli Paoli

Cosa ascolti solitamente e ultimamente, e chi sono stati i tuoi fari musicali?

Emanuela Ligarò

Ascolto moltissima musica, in continuazione, da appena sveglia a quando vado a dormire. Le mie giornate sono affollate di musica, essendo io famelica e sempre alla ricerca di novità da ascoltare. Negli ultimi mesi sto ascoltando prevalentemente musica elettronica, Tim Hecker e Floating Points tra tutti e sto esplorando anche Ulises Conti che adoro. Per quanto riguarda gli artisti che seguo e amo da sempre, la lista è lunga ma proverò ad essere sintetica. Nils Frahm è un compositore contemporaneo che stimo molto, tra i più raffinati ed attivi in termini di collaborazioni. Unisce al pianoforte, una sezione elettronica consistente e questo aspetto è stato per me un meraviglioso tramite verso l’ascolto della musica elettronica, che ho trovato in questo modo subito familiare, avendo io studiato pianoforte classico per diversi anni. Non posso non citare Nick Cave. Ha creato negli anni un immaginario affascinante di suoni scuri e cupi e suggestioni che mi hanno da sempre profondamente impressionato. Andare ad un suo concerto ed ascoltare la potenza di quel suono è un’esperienza straordinaria ed intensa. Non si può minimamente dire di assistere ad un semplice concerto, è piuttosto un rito collettivo di esorcismo delle proprie paure ed ombre da cui se ne esce esausti, provati e liberati. Ci si mette a nudo, si affronta sé stessi e ci si confessa. Infine, i Blonde Redhead. Ricordo ancora la prima volta che me li fecero ascoltare. Per me è stata una vera e propria folgorazione. Non posso neanche dire che mi abbiano semplicemente segnato. La loro musica era completamente diversa da tutto quello che avevo ascoltato fino a quel momento e mi sentivo chiamata fortemente in causa perché la verità è che descrivevano e davano voce ad una parte di me, quella inquieta, che fino ad allora io avevo ignorato. Perché non sapevo come gestirla. Ora quando scrivo musica, lascio che sia quel lato di me ad esprimersi completamente.

Giuliano Delli Paoli

Cosa bolle in pentola per il futuro?

Emanuela Ligarò

Non posso svelare molto, ma innegabilmente sto già curando l’idea di rilasciare presto un secondo album. Molto probabilmente verrà preceduto da collaborazioni e remix di alcuni pezzi di Transitions. Al momento non posso svelare di più! Anche l’attesa è bella da gustare.

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