Tarantino, storie di una vita al VAR
Il calderone indie italiano formatosi negli anni Duemila – quello contenente i Brunori e i Dente, per intenderci – è saltato in aria intorno al 2012, spinto dalla pressione di un mercato discografico sedotto dalle potenzialità di una formula sempre più amata dai giovanissimi dell’epoca.
Caratterizzata da una scrittura puntualmente melanconica e con ripetuti rimandi all’Italia migliore – quella dei Super Santos conficcati sotto le Fiat 127, dei Pertini e Bearzot – che tanto piacciono soprattutto ai più grandicelli, sempre più attratti dal cordone ombelicale che li lega indissolubilmente al vagone dei ricordi infantili, la cosiddetta nuova leva cantautorale “indipendente” ha gradualmente intensificato la propria presa, sfruttando in buona parte una modalità (estetica e narrativa) attuata anche dal colosso Netflix nell’ambientazione di alcune delle pellicole più riuscite. Un esempio su tutti? La fortunata (e meravigliosa) serie televisiva Stranger Things. L’infanzia “felice” dei quarantenni di oggi è diventata memoria storica da sfruttare fino all’ultima goccia. Tra copioni che rimandano a E.T. e canzoni che sembrano uscite da qualche vecchio juke-box abbandonato della riviera romagnola, la faccenda ha ormai assunto una deriva impressionante. BMX, bomberini, vecchie hit synth-pop, improvvisi (e talvolta riusciti) sdoganamenti AOR, massime reaganiane e chi più ne ha, più ne metta: oggi il citazionismo Anni 80 è a conti fatti un vero e proprio genere a sé stante.
Al netto di considerazioni del tutto personali, nessuno sa con certezza cosa sia potuto accadere e perché l’ondata nostalgica continui a invadere praticamente ogni campo dell’arte popular, o quasi. Di certo, diventa sempre più duro quantificare la bontà di proposte praticamente simili tra loro sotto ogni aspetto. Più passa il tempo, e più la noia prende il sopravvento. Tuttavia, esistono nuovi casi musicali, sfacciatamente appartenenti a tale sopracitata categoria, sui quali ancora oggi è possibile scommettere più di un cent. Il cantautore siciliano Tarantino è tra i pochi musicisti emergenti in grado di attirare l’attenzione e costringere l’ascoltatore a dimenticare per un attimo il processo di saturazione in atto. Nato a Palermo nel 1985, Francesco Tarantino – questo il suo vero nome – ha suonato come chitarrista negli All Memories Gone, band punk-rock locale, pubblicando nel 2009 il suo primo EP; e in seguito ha esplorato anche il rock elettronico, come membro dei Fuori Forma. La sua carriera solista è iniziata soltanto nel 2018. Una scelta che nasce dall’amore incondizionato per il cantautorato italiano di stampo classico. Un modello amato in adolescenza, secondo lo stesso giovane autore il primo settore che ha reso possibile e definitivo il suo avvicinamento al mondo della musica. Al momento, Tarantino non ha ancora inciso un LP, ed è possibile ascoltare solo un primo singolo, Una vita al Var, uscito a marzo.
Per la strada cerco un bar
è già l’una e non ho voglia di pranzare
per la strada cerco un cane che si segga al tavolino per parlare
poi c’è Peppino al Var sempre a contestare la terna arbitrale.
L’attacco è di quelli soliti: giretto semplice e voce cald(in)a, a metà strada tra Dario Brunori e Antonio Di Martino. Una melodia che si appiccica subito addosso, e alla quale funge da contraltare un disincanto salvifico, “lenitivo” ad ogni passaggio. Le suggestioni restano praticamente le stesse di dieci anni fa, quelle gettate nel secchio da Brunori in Vol. 1. Di base manca la collera del cantastorie calabrese, ciò nonostante l’ispirazione è quella giusta, e versi come questi lasciano comunque ben sperare per il futuro:
Per la strada cerco ancora
quelle scritte sul muro che ti strappano un sorriso
questa è la tua vita al Var
dietro una televisione
che non sa neanche il tuo nome.E con gli occhi chiusi
ti ricordi di me
senza la moviola
a giudicare chi sei tu.
Ovviamente, non sappiamo come suoneranno i prossimi inediti di questo giovane menestrello siciliano. Per il momento non resta che godersi l’ironico e sarcastico videoclip, con Tarantino nelle vesti del portiere di calciotto che vede arrivare palloni da ogni direzione. Un’altra metafora funzionale del vivere quotidiano. Del resto, nessuno vuole giocare in porta nelle “spensierate” partitelle tra amici. E’ per tutti il ruolo più bistrattato, ma non per quelli come Tarantino: impavidi guerrieri alla costante ricerca di un brivido diverso.
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