Benelli, indie fuorisede
Prosegue la nostra discesa nei meandri del nuovo songwriting di stampo indie italiano. Un cammino che non può prescindere dal fatidico lanternino, come ampiamente ribadito in altre occasioni. Stavolta, a incuriosire non è il classico menestrello solitario, bensì un duo: Benelli. Si tratta di Claudio e Leonardo, colleghi da anni e amici da una vita. I due cantautori si ritrovano a comporre pezzi nell’estate del 2018. Ciò che li attira e al contempo li unisce, è il medesimo malessere che oggi attanaglia flotte di giovani musicisti, divisi tra un lavoro di fortuna, talvolta necessario per potersi mantenere gli studi fuorisede, esami, conflitti sociali, umani e relazionali, ma soprattutto quello sconforto perenne legato all’impossibilità di rendere vivo un sogno nel cassetto: fare musica come si deve e magari camparci.
Nati entrambi a Grosseto, i due decidono di trasferirsi a Bologna, una scelta giustificata con queste parole:
A Bologna ai concerti ti ascoltano davvero, ma anche no.
Studenti ma non troppo, un giorno arriva il buon Max di Manita Dischi a dargli supporto, suggerendogli una collaborazione con Hyppo (Keaton), Cimini (CIMINI) e Carota (Lo Stato Sociale). Da tale incontro artistico nasce l’album Siamo Tutti. Un disco che punta dritto al cuore dei ventenni/trentenni, incrociando le loro difficoltà, spesso alimentate da una precarietà permanente, tra studio, lavoro, amici vissuti e perduti, amori infranti e via discorrendo. Benelli assume ben presto una sorta di identificazione da neet. Così come un improbabile simbolo di chi ha sempre voglia di fare, ma senza sapere bene cosa, finendo per non fare mai nulla.
L’opera prima di questo simpatico duo è in uscita nel 2019, ed è stata registrata presso il Donkey Studio di Medicina (BO). A detta degli stessi Claudio e Leonardo, Il relativo tour si pone come obbiettivo quello di “diffondere questo senso di inadeguatezza il più possibile, inteso anche come spunto per reagire”. Intenti nobili, intimi, agitati con un’irriverenza posta spesso da contraltare, ma necessaria, financo salvifica. Le noie degli studenti che affrontano per la prima volta la vita lontani dal proprio nido domestico, si snodano tra un giretto e l’altro, una melodia accalappia tutto e una battuta al posto giusto.
Il primo singolo di lancio del disco si chiama Rossa. La melodia è allegra, la voglia di correre tanta. Il passo è brioso, frizzante, tra occasioni perdute e dichiarazioni tenute per troppo tempo dentro il proprio cuore. E’ una ballata d’amore dal ritmo “spedito”, un’istantanea personale e mai sbiadita ritraente incroci passionali mai percorsi del tutto; un’immagine riposta troppe volte nel cassetto ma che riaffiora imperterrita, senza lasciare scampo alla propria insicurezza. Il videoclip del brano è diretto da Duilio Scalici de I Giocattoli, e rende appieno l’idea del sentimento espresso, in quella che si presenta come un’indecisione costante, alimentata dall’incapacità di tirare fuori i propri sentimenti; una tendenza che resta uno dei malesseri del nostro tempo. Ma questa è un’altra storia.
La seconda canzone estratta dall’album si intitola Firenze e dispone in maniera diversa di quella cifra tematica citata poc’anzi, in un valzer di paure post adolescenziali ben precise. A prendere quota, è una storia di amore tra due ragazzi che hanno appena finito le superiori. I due si frequentano, ma lui è in preda al panico, e teme di chiarire con eccessiva schiettezza alla propria compagna i contorni di una relazione intensa ma a suo modo ancora troppo acerba e tutt’altro che stabile. La paura che lei si spaventi e fugga definitivamente via, il più lontano possibile, è troppo forte. Tuttavia, arriva inattesa la richiesta di trasferirsi, e di frequentare l’università a Firenze con lui. Ma non è tutto. A rincarare la dose di tormenti interiori ed esteriori, sono le sgradevoli vicissitudini inerenti l’eccessiva gelosia e il vivere storie in fin dei conti poco chiare. L’esito è ovviamente di quelli negativi, a conferma di un’indecisione tanto congenita, quanto propria di una certa età. A differenza del primo singolo, la musica affonda lievemente in archi e synth. E a detta degli stessi Benelli, “tutto quello che viene raccontato nella canzone è successo, compreso l’incidente in macchina”. Una deriva dunque autobiografica, mossa da parole che segnalano un sentimento vivo, sincero. Che siano proprio loro i nuovi fenomeni di una narrazione “indie” giovale e giovanile, lo scopriremo solo nei prossimi mesi.
A buon rendere.
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