Veronica Maximova, art pop e oltre

L’ingresso della belgo-russa Veronica Maximova nel roster della berlinese Voitax, giovane label tra le più interessanti del vastissimo circuito elettronico tedesco, segnala uno sguardo sempre più allargato e orientato ben al di là dei confini techno. Il suo album d’esordio, Computerlove, evidenzia l’imprinting di una musicista intimamente sofisticata. Uno stile, il suo, in apparenza scarno, eppure dal rimando complicato. Dinanzi alle sue partiture, si potrebbero scomodare tanti nomi della stagione sintetica dei benemeriti ’80, finendo tuttavia per perdere completamente di vista l’approccio morbido, etereo, sostanzialmente vicino a ben altre direzioni e a tempi più o meno recenti, che domina le sue composizioni, tra gemiti, sussurri, voci filtrate, cori anestetici, battiti cadenzati. A tale quadratura si unisce la trama di un racconto stralunato, a sublimare un concept meditativo parimenti introspettivo ed esplorativo. Una reazione ben precisa all’annientamento compulsivo (e collettivo) odierno. La dipendenza dai social e dalla rete in generale diventa così quel gancio speculativo e necessario per esternare al meglio un disappunto netto e conciso. È la stessa Maximova a fornirci dal suo studio i dettagli della genesi di questo primo progetto:

Il disco è stato scritto negli ultimi quattro anni e nasce come reazione all’amore moderno. Ho cercato di incanalare la mia delusione scaturita dall’osservare le persone che comunicano con le parole attraverso i computer senza mai guardarsi in faccia. Oggi ci sono solo lettere che formano parole dentro uno schermo retroilluminato. Mi sento sempre più impotente dinanzi a tale forma di comunicazione umana. E così, un bel giorno ho deciso – e ricordo chiaramente quel giorno – di abbandonarmi alla musica. In fondo, è “l’unica cosa” che ha senso per me.

È quindi un profondo distacco a caratterizzare le dolci movenze di un disco che espone soluzioni art pop morbidissime e mai pedanti. La Maximova gioca con i contrasti dosando con grazia le sfumature. Il nero e il bianco si alternano continuamente, così come il passo alla Tricky e le pulsazioni angeliche al synth della title track posta in apertura. L’invettiva educata e parimenti graffiante rivolta alla società iperconnessa prosegue spedita nei sei pezzi del lotto. E l’annebbiamento mostrato nella prima metà della successiva Cantsleep, prima che si sciolga gradualmente un refrain decisamente pop, incanta e disarma. E’ l’insonnia di chi ha perso contatti con la luce del sole e forse con la vita stessa. Un’avversione che prosegue nelle parole della giovane electro-writer, che continua a raccontarsi in esclusiva e in anteprima:

A causa dei social media siamo tutti più connessi come società. Questo è il paradosso in questo momento. Siamo così connessi a tutto e tutti ma allo stesso tempo il flusso costante dello show happy-news su Instagram ci sta facendo sentire soli o non abbastanza buoni. In generale, imparo molto dagli altri artisti quando ascolto le loro opere ed è uno dei miei modi per ispirarmi. Ho scritto canzoni in quattro generi diversi fino ad ora. Durante gli anni ho avuto la fortuna di mantenere forte la mia volontà di fare musica. Tuttavia, si sono verificati comunque molti momenti difficili che mi hanno scoraggiato.

Nel misticismo pulsante di Who Cares affondano ulteriormente imprecazioni sussurrate e adagiate sopra un tappeto electro con il synth a fungere da pendolo. La conclusiva Truth Is Your Flesh mostra invece un’inaspettata inclinazione pop, con il piano ancora una volta appena sfiorato e una vaga fascinazione lounge da tappeto. Una traccia sfornata da poco, come ci racconta la Maximova:

Truth Is Your Flesh, è il mio brano più recente di quest’anno e mostra una spinta mentale verso la ricerca di qualcosa di genuino e reale. Ho chiaramente fatto una scelta per tornare alle mie radici e fidarmi del mio coraggio. Per me è importante mantenere viva la curiosità durante la composizione, emozionarsi e tornare a essere spontanei come dei bambini. Dovrebbe essere sempre divertente e mai oneroso. Ed è altrettanto importante non tradire mai la propria voce. Penso che accanto alla matematica la musica sia l’unico linguaggio universale compreso da tutte le culture. Fa muovere, piangere, ridere, pensare.

Del resto, come non essere d’accordo?

Newsletter Hive

Iscriviti e resta sempre aggiornato su articoli, news ed eventi di Hive Music

Iscriviti