Black Eyes 2: Bonnie e Clyde in tenuta hard rock

I più “attempati” ricorderanno senza alcun dubbio (o quasi) le primissime scorribande del duo White Stripes, per intenderci quelle pre Elephant e Seven Nation Army al Circo Massimo o in curva Sud. Gli stessi avranno senz’altro bene in mente anche le svolazzate punk-funk dei Gossip della prorompente Beth Ditto periodo Standing In The Way Of Control. Ebbene, frullate il mood dei primi e i cambi di ritmo dei secondi, aggiungete una dose massiccia dei Royal Trux disintossicati per bene dall’eroina, e avrete qualcosa di simile al suono offerto dai qui presenti Black Eyes 2.

A parte la dovuta presenza del numero 2, il nome è lo stesso di quella band miracolosa guidata da Daniel Martin-McCormick, formatasi a Washington nel 2001 e scioltasi nel 2004 come tantissime altre di quel periodo. Una di quelle formazioni art punk capace di smidollare chiunque, talmente in anticipo sui tempi da schiantarsi a velocità folle alla prima curva a gomito, finendo così nel limbo delle meteore accecanti del rock alternativo (?) dei Duemila.

Al netto del medesimo nome, i due musicisti in questione sono musicalmente ben lontani dalle soluzioni “altre” e deviate degli statunitensi, e hanno tutt’al più elementi in comune con altri “Black contemporanei del firmamento indie-rock. Basta aggiungere una “K”, eliminare una “E” e il gioco è fatto. Già, i Black Keys. Quei due guasconi dell’Ohio sono uno dei rimandi più immediati mentre si ascoltano le tre tracce del primo EP di Alessandro Molteni e Nora Fedrigo, Shadows. L’apparecchiamento è quasi lo stesso. Certo, i Kills sono l’altro duo eccellente che tanto li ricorda all’istante, eppure i nostri giovani fenomeni puntano a un amplesso basso/batteria dannatamente lercio e personale. E per quanto siano leciti gli accostamenti della prima ora, è opportuno metterli da parte in fretta, onde evitare di perdere di vista la sostanza specifica della loro proposta.

Nati come duo a Cantù nel dicembre 2017, Nora e Alessandro sono stati uno il pubblico dell’altro durante i concerti con le rispettive band. Dai i loro incontri live è nata la volontà di fondare una band capace di puntare principalmente sulle ritmiche del basso e della batteria. Nel luglio 2018 i due registrano l’EP «Shadows» presso il prestigioso Edac Studio (Gecofish, Edda, Giorgieness, Vanillina, etc.) con la produzione artistica di Davide Lasala e il mastering di Andrea Fognini. Non si contano i giorni chiusi in studio di registrazione provando a cogliere l’alchimia giusta, quella ricetta killer diretta senza troppi fronzoli allo stomaco, con sterzate hard rock improvvise e ritmi incalzanti.

I testi in inglese assecondano invece la volontà di defilarsi dal mondo, parimenti allineandosi in quella che pare essere una costante fuga dal quotidiano e dalla noia. Tre le tracce: What If, Slick Lies e Make Me Fee, a delineare traiettorie che in alcuni punti portano alla memoria financo i Malakai (il secondo brano del lotto) di Warrios, a conferma di uno stile ovviamente vicino ai tanti nomi citati poc’anzi ma allo stesso tempo sinuoso e a suo modo sfuggente. Convince anche l’intento di scambiarsi le posizioni al microfono, e la Fedrigo è perfettamente a suo agio in Make Me Feel, nelle “delicate” vesti della matrona rock acidissima e scazzata. Quest’ultimo è sicuramente il pezzo più “gotico” del disco, mentre l’assalto frontale di What If arriva subito al sodo, confermandosi come il momento più radiofonico offerto finora. Uno di quei brani che farebbero la fortuna di band innalzate dalla spocchia dei talent (vedi gli oltremodo sopravvalutati Maneskin e altre giovani star televisive del momento), e che non sfigurerebbe in alcun modo nel palinsesto rock di Virgin Radio.

L’EP esce proprio in questi giorni, nel mese più pazzerello dell’anno. Una casualità? Forse. Intanto, i Black Eyes 2 si esibiranno dal vivo in giro per il Belpaese, sia per lanciare questo primo loro assaggino, sia per masticare i semi di quello che sarà il primo LP. Segnatevi il loro nome e non perdeteli di vista.

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