SOPHIE: Avant Pop dal futuro
Ci sono percorsi artistici che fanno storia a sé, e si evolvono seguendo una scia lontanissima, solo in apparenza vicina alle masse. La vicenda musicale di Sophie Xeon è di quelle interessanti e indica una di queste insolite piste. Nel 2015, la compositrice e disk jockey di Glasgow, trapiantata a Los Angeles, ha invaso la piazza “avant pop”, strapazzando tutto e tutti alla stregua di un’aliena giunta da altre galassie per mostrarci il futuro. Non si contano le star attratte dalle sonorità elettroniche di SOPHIE (moniker rigorosamente in capslock): Madonna, Charli XCX, Vince Staples, Let’s Eat Grandma e Namie Amuro sono solo alcuni dei nomi pesanti con i quali Sophie collabora nel giro di poco tempo e fin dalle prime apparizioni risalenti ai primi anni del decennio in corso, evidenziandosi come la nuova dominatrice di un sound tanto vicino al pop più laccato, quanto alla PC Music più estroversa. Ed è proprio da tale miracoloso incontro che la Nostra trae linfa per architettare le proprie strutture sonore, spesso articolatissime, eppure sensualissime, irte di candore pop e ammalianti articolazioni digitali poste da cuscinetto tra un’impalcatura ritmica e l’altra, con tanto di tribalismi organizzati tra un beat distopico e una bordata al synth che spunta all’improvviso.
La compilation del 2015,Product, raccoglie i semi diffusi nel primo periodo e segnala uno stile che potremmo definire come un incrocio (im)possibile tra le alchimie cibernetiche di Arca e le follie al Laptop di Holly Herndon. Insomma, una mescola elettrizzante, per non dire inafferrabile. Un accelerazionismo che poggia sulla capacità compositiva di SOPHIE, puntualmente bizzarra e in grado di spaziare da sezioni distorte come quelle di HARD, a vocine vocoder infantili sovrapposte a piroette bubblegum bass talmente sfuggenti ed elettronicamente contaminate da far impallidire i tanti colleghi che giochicchiano alle macchine dando vita a quella cosa chiamata wonky(Lemonade). Una ventata di freschezza che cattura anche sul piano visivo, con video semplicemente inimitabili, sia per costruzione, sia per presa scenica, e che la portano a diventare una delle nuove regine dell’universo queer.
My face is the front of shop
My face is the real shop front
My shop is the face I front
I’m real when I shop my face
Artificial bloom
Hydroponic skin
Chemical release
Synthesise the real
Plastic surgery
Social dialect
Positive results
Documents of life
(da Faceshopping, 2018)
Domina una veste grafica che trova il suo punto d’arrivo nelle immagini del videoclip del brano più ipercinetico della sua produzione, Faceshopping, terzo singolo estratto dall’album di debutto, Oil Of Every Pearl’s Un-Insides, stampato il 15 Giugno del 2018, e cantato con il supporto di Mozart’s Sister. Contorsioni del proprio volto, stilizzato ad hoc in una forma vagamente gelatinosa, si susseguono in uno scenario atto a scimmiottare la cultura pop più capitalistica, tra rossetti, trucchi e brand blasonati. Un’invettiva roboante che espone un messaggio ambiguo: da un lato mera appartenenza alle passioni esteticamente più gioiose dell’essere donna, e dall’altro lato totale ironia circa dinamiche inflazionate della vita quotidiana, con le vetrine dei negozi metaforizzate a finestre sulla propria esistenza.
I cosiddetti Pony Boys (coloro che truccano auto negli States) vengono invece presi simpaticamente di mira nell’altro singolo straccia-tutto: Ponyboy, brano ritmicamente più pachidermico del precedente, ma non per questo meno penetrante, con una base cocciuta e tamarra, mista a saette sintetiche sparse qui e là, a conferma di un dinamismo ritmico oltremodo frizzante. L’altra metà del suo temperamento musicale è magicamente espressa da brani come It’s Ok To Cry, primo singolo di lancio del disco, sganciato verso la fine del 2017 con tanto di video in cui la ragazza si mostra per la prima volta limpidamente, evidenziando carisma e la volontà di liberarsi dal peso di inutili e asfissianti catene. La stessa Sophie, in merito alle fasi del video, dichiarerà più volte: “Sono davvero felice che siamo riusciti a realizzare il video esattamente come l’avevo immaginato. Riguarda questa idea della ricchezza e della complessità dei nostri mondi interiori ed esteriori: il mondo emotivo e il mondo esterno, come i pianeti, il tempo e l’universo. Essere semplicemente intimiditi da quanto siano surreali, misteriosi e confusi, dalla profondità del mondo interno e di quello esterno. Il video incapsula il silenzioso mondo interno in cima o all’interno di questi paesaggi universali e mutevoli, e contempla come sono collegati tra loro. È da qualche parte, lì dentro, quella sensazione che volevo comunicare“.
Il brano è decisamente diverso da gran parte dei singoli precedenti, ed è rivestito da una sontuosa laccatura pop arricchita da un mielosissimo gancio melodico, con la voce della Xeon finalmente umana e caldissima. Un episodio che conferma la versatilità di SOPHIE e che funge da contraltare alla chiusura del disco, Immaterial, episodio che fin dal titolo strizza l’occhio all’epocale Material Girl dell’amica e sostenitrice Madonna, orientandola sul piano stilistico e testuale verso un futuro pragmaticamente immateriale, irto di orgasmi volatili e fugaci sensazioni. Un’esplosione corale tanto androide, quanto profetica sui possibili risvolti di un futuro mai così prossimo:
You could be me and I could be you
Always the same and never the same
Day by day, life after life
Without my legs or my hair
Without my genes or my blood
With no name and with no type of story
Where do I live?
Tell me, where do I exist?
We’re just
Im-ma-ma-material, immaterial
I could be anything I want
Immaterial boys, immaterial girls
Anyhow, anywhere, any place, anyone that I want
(da Immaterial, 2018)
E’ quindi chiaro un avvenire che possiamo parzialmente scorgere dalle intriganti fessure sonore di SOPHIE. Hype o meno, siamo dinanzi a un avvio visionario, ben congeniato da una delle figure più estroverse e interessanti del panorama “pop” ed elettronico internazionale.
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