Intro

Benvenuti a questo nuovo appuntamento della rubrica Rising Stars!

Oggi la mia idea è quella di proporvi qualcosa di alternativo nel suono e nel suo concepimento, per questo ho scelto per voi i Rainweaver. Andiamo a intervistarli

Simone

Buongiorno ragazzi e benvenuti in Rising Stars, il vostro gruppo mi ha subito colpito per diverse caratteristiche, ma volete prima raccontarci come è nato tutto questo?

Rob

Buongiorno Simone e grazie per l’invito. La band è nata nel 2014, singolarmente suoniamo tutti da una vita. Dopo tanti anni lontano dalla musica ho risposto ad un annuncio come chitarrista. Il caso ha voluto che incontrassi Leo. Dopo non molto abbiamo deciso di intraprendere un nuovo progetto insieme.

Simone

Perché avete scelto di suonare questo genere musicale? O meglio, ce l’avete un genere? Io non sono riuscito propriamente a inquadrarvi.

Rob

Non so se apparteniamo a un genere ben definito. Siamo stati associati spesso all’alternative metal e al post rock. Una delle cose a cui tengo di più è avere una nostra identità. Credo si possa averne una senza essere ripetitivi. E’ vero, è più complicato metterci un’etichetta sopra, ma di questi tempi in cui tutto è taggato da qualche parte forse non è poi così male.

Simone

Cosa vi attrae di questo sound e quali artisti vi hanno ispirato?

Rob

Mi è sempre piaciuto il sound spaziale di Andy Summers (Police) e la musicalità di Wes Borland (Limp Bizkit), nelle parti in cui usa effetti lo trovo molto melodico. Per il resto credo di non poter far mancare alla lista A Perfect Circle, Dream Theater e The Offspring. Menzione speciale per Tom Morello (Rage Against the Machine) e Layne Staley (Alice in Chains).

Leo

Personalmente, da buon bassista, sono attratto da tutto ciò che ha groove. In tal senso i Red Hot Chili Peppers rappresentano indubbiamente la mia ispirazione principale, anche a livello di tecnica esecutiva. Flea (RHCP), Les Claypool (Primus), Tim Commerford (RATM) costituiscono la mia “epifania musicale”, mi hanno suggerito che esistono altre strade e infinite possibilità oltre al punk rock puro e semplice, che ho ascoltato ostinatamente per tutta la mia adolescenza.

Simone

Raccontateci come create i nuovi testi e le musiche, se c’è uno di voi addetto alla stesura o lo fate tutti assieme, raccontateci questo momento magico.

Rob

C’è un’idea di partenza che viene spesso fuori da un’improvvisazione. Poi cerco di “raffinarla” a casa oppure insieme a Leonardo e Pietro in sala. I testi emergono in un secondo momento, anche se ogni tanto recupero qualche frase che mi segno mentre torno da lavoro e che sento avere una certa risonanza.

Amo la lingua inglese, mi piace sin da quando ero bambino (la lingua dell’informatica e dei videogiochi!). Mi sono sentito dire spesso che dovrei cantare nella mia lingua, oppure che sono filostatunitense e che dovrei combattere per la musica in italiano. Non mi sento araldo di nessuna rivoluzione culturale, faccio quello che mi sento di fare.

Leo

Il momento della creazione di un nuovo pezzo è sempre un’incognita. Spesso ci ritroviamo in sala con dei riff già partoriti a casa e proviamo a svilupparli, altre volte le idee vengono fuori spontaneamente improvvisando. Non sai mai quando e come verrà fuori una nuova canzone. Per di più siamo dei perfezionisti, e questo ci fa spesso accantonare dei pezzi magari già avviati o prossimi alla conclusione perché non ne siamo pienamente soddisfatti: il brano deve arrivare a colpirci nel profondo, come un pugno in pieno volto.

Simone

Cosa pensate delle altre band emergenti e del panorama musicale di questo periodo? C’è spazio per nuovi artisti oggi?

Rob

Il mio periodo di riferimento sono gli anni ’90, primi anni 2000. Il panorama musicale attuale? Ci siamo allontanati anni luce e siamo finiti in un universo completamente spento. Qualcuno che si dedica alla musica indipendente per fortuna c’è, ma non è facile né per chi crea spazi né per chi cerca di muoversi attraverso questi.

Credo che il processo di equalizzazione dei gusti del pubblico e dello spirito critico sia arrivato quasi ad un punto di non ritorno. Ho conosciuto un paio di band molto interessanti recentemente, in occasione di una manifestazione, e mi hanno dato rinnovata speranza per quello che riesce a produrre il tessuto musicale italiano, quello forse più underground.

Simone

Hive Music è un progetto che vuole valorizzare la musica sul territorio, regione per regione, organizzando eventi che possano far esibire gli artisti senza sostenere costi esosi, e allo stesso tempo far guadagnare il proprietario del locale che ospita l’evento, rimettendo in modo l’economia. Cosa ne pensi di questo progetto? Vorreste partecipare ai nostri eventi?

Rob

Credo che ogni opportunità vada colta, e sarei ben felice di partecipare alla line-up di qualche evento organizzato da Hive Music. La nostra linfa è suonare dal vivo, non è solo entusiasmante ma è anche la cartina tornasole di quello che facciamo.

Leo

È un’iniziativa sicuramente lodevole, che ogni musicista e amante della musica dovrebbe appoggiare. Purtroppo credo che oggi si sia spenta la curiosità di conoscere nuove band, o meglio la voglia di andare in un locale con l’interesse puro e semplice di ascoltare una band mai sentita prima, e questo è un vero peccato. Deve essere in primo luogo la mentalità dell’ascoltatore odierno a cambiare, e speriamo che progetti di questo genere possano aiutare a cambiare le cose.

Simone

Grazie ragazzi per il vostro tempo, è stata una piacevole intervista ma adesso è il mio momento, parlerò della vostra musica!

Live at Riff Club

L’ultimo lavoro di questo splendido gruppo è intitolato “Live at Riff Club”, e viene suonato da Roberto Collina (voce e chitarra), Leonardo Aloè (basso), Pietro Basile (batteria). L’album è composto da 6 brani e dura circa 25 minuti, non molto si potrebbe dire, ma per il genere musicale suonato direi che è perfetta questa durata.

Il sound che le vostre cuffie vomiteranno non sarà infatti dei più dolci. Toni acidi, riff aggressivi e la graffiante voce del cantante invaderanno ogni spazio attorno al vostro timpano facendovi letteralmente ballare il cervello. I Rainweaver suonano dal 2014 ininterrottamente e questo si sente nei loro brani, pregni di tecnica e esperienza.

Con l’arrivo di Riccardo Zurlo alla batteria la band inizia a comporre i suoi primi pezzi. Si manifesta sin da subito la volontà di recuperare lo spirito e l’energia che contraddistinguono il rock degli anni Novanta nelle sue varie sfaccettature, dal grunge al punk rock fino al metal, contaminandolo con le diverse influenze apportate dai singoli membri del gruppo, che vanno dal funky, al rock psichedelico, al progressive.

Dopo aver registrato una prima demo ed aver preso parte ad alcuni concerti sul territorio, nell’autunno del 2015 Riccardo lascia la band, che raggiunge la sua formazione definitiva qualche tempo dopo, con Pietro Basile. Il nuovo batterista si dimostra sin da subito in linea con i gusti e con le idee musicali del gruppo, e con lui i Rainweaver scrivono nuovi pezzi, maturando col tempo uno stile sempre più definito, caratterizzato dall’alternanza di parti distorte e di parti in delay alla chitarra, unite ad un groove sostenuto nella sezione ritmica.

Dopo una serie di concerti distribuiti tra Prato e Firenze, nel corso del 2017 i Rainweaver prendono parte al Santomato Live CBE (Contest Band Emergenti), vincendo il premio On-Music come band più votata dal pubblico online e accedendo al casting di Sanremo Rock.

Dopo molti esperimenti, confronti ed esperienze maturate, possiamo dire che la forza del gruppo risiede proprio nelle sottili differenze tra i gusti musicali dei componenti: questi vengono conciliati in una sintesi stilistica originale, guardando al passato ma sempre con una decisa volontà di rinnovamento.

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